Riabilitazione cardiologica, ridonare al paziente le migliori condizioni cliniche nel minor tempo possibile

La Riabilitazione Cardiologica è nata negli anni 60/70 quando ci si è resi conto che c’era un numero elevato di pazienti con malattia delle arterie coronarie e infarto del miocardio sui quali era necessario o possibile intervenire per ottenere un recupero fisico e funzionale e migliorare la qualità di vita e il rendimento lavorativo.

Prima di allora per curare questi pazienti si procedeva con la somministrazione di farmaci che pochi effetti avevano sulla prognosi e sulla qualità della vita delle persone.

L’avvento della riabilitazione cardiologica mirata a queste persone ha cambiato radicalmente l’approccio: non più lunghe soste nel letto o sulla poltrona, ma svolgimento di un’attività fisica rispettosa della condizione particolare del singolo soggetto, votata a riportare il paziente alle migliori condizioni cliniche possibili nel minor tempo possibile.

La riabilitazione cardiologica oggi

Oggi il concetto di “riabilitazione cardiologica” è da interpretare in modo molto più estensivo.
La riabilitazione cardiologica moderna si rivolge infatti a una popolazione di soggetti con patologie e interventi terapeutici molto eterogenei che comprendo oltre l’infarto del miocardio anche interventi cardiochirurgici per coronaropatia o rivascolarizzazione coronarica non chirurgica.
E non solo questi soggetti, come ci spiega il dottor Giovanni Cioffi, cardiologo responsabile del servizio di riabilitazione cardiovascolare dell’Ospedale San Pancrazio di Arco di Trento: «La riabilitazione si estende anche a tutti quei pazienti che hanno subito interventi cardiochirurgici di sostituzione o plastica delle valvole cardiache o malattia acuta o cronica dell’arteria aorta del tratto toracico, ai pazienti operati per malattie cardiache congenite e a quelli che soffrono di scompenso cardiaco cronico, che dopo un ricovero ospedaliero hanno bisogno di recuperare la capacità di espletare attività quotidiane di base utili a garantire la massima autonomia possibile, anche lavorativa».

Dottor Cioffi, nell’ospedale San Pancrazio la riabilitazione riguarda anche i pazienti che provengono dalle chirurgie vascolari…

Dottor Gianni Cioffi, Ospedale San Pancrazio Santo Stefano Riabilitazione

«Sì, c’è la necessità sul nostro territorio di garantire assistenza post-operatoria medica e infermieristica e iniziare riabilitazione fisica in fase precoce a soggetti che sono stati sottoposti, ad esempio, ad amputazione di un arto per ischemia vascolare acuta o cronica, o a rivascolarizzazione tramite cateterismo con angioplastica con conservazione dell’arto inferiore, patologia prevalente nei soggetti con sindrome metabolica, diabetici e/o forti fumatori inveterati. Anche questi pazienti possono, anzi, devono fare un percorso riabilitativo che può iniziare in regime di degenza, come quello che eseguiamo qui in ospedale, per poi proseguire a domicilio in regime ambulatoriale».

Come vengono “selezionati” i pazienti che vengono accolti dalla vostra struttura riabilitativa di Arco di Trento?

«La selezione dei pazienti candidati alla riabilitazione – che provengono in linea di massima dagli ospedali dell’Azienda Provinciale dei Servizi Sanitari della provincia di Trento – è delegata al medico della struttura che ha eseguito l’intervento terapeutico che valuta diversi parametri quali le condizioni cliniche pre e post-intervento, eventuali complicazioni presenti o che possono potenzialmente insorgere nel decorso post-intervento alla dimissione. La richiesta dell’intervento riabilitativo può dipendere anche dall’età del paziente e dalla sua capacità di risposta alle cure: pazienti estremamente anziani con decadimento cognitivo o molto giovani che non hanno subito complicazioni post-intervento possono, per motivi opposti – rispettivamente perché poco aderenti al trattamento o perché già totalmente autonomi nel breve termine –non avere l’indicazione a essere sottoposti a un ciclo di riabilitazione».

Le due fasi del ciclo di riabilitazione

Il ciclo di riabilitazione è basato su due distinte fasi, che prevedono azioni e interventi differenti tra loro.

Dottor Cioffi, come si sviluppa la Fase 1 del processo di riabilitazione cardiologica?

«La prima fase inizia quando il paziente giunge presso la nostra struttura nei giorni immediatamente successivi alla procedura terapeutica a cui è stato sottoposto e prevede il coinvolgimento di varie figure professionali: medici, infermieri, operatori sanitari, fisioterapisti. In questa fase il fisioterapista stabilisce il percorso di riabilitazione, il medico modifica ed adatta la terapia alla nuova situazione in cui si trova il paziente al momento dell’ingresso in struttura e valuta la necessità di richiedere consulenze – per esempio: pneumologica, fisiatrica, neurologica, psicologica –, l’infermiere gestisce la terapia farmacologica da somministrare. Contestualmente, il paziente entra in contatto con il responsabile del servizio di fisioterapia che, dopo un’attenta valutazione fisica, stabilisce il programma individuale di riabilitazione fisica che ha una durata media, nella nostra realtà, di 16-20 giorni. Si tratta, in sostanza, di un intervento molto eterogeneo prevalente di tipo clinico, assistenziale e spesso propedeutico a un successivo secondo passaggio».

Il passaggio successivo è, appunto, quello della Fase 2. Come si realizza?

«È la parte più “pura e tradizionale” della riabilitazione cardiologica, quella in cui il paziente, guarite le ferite e riequilibrato perfettamente dal punto di vista clinico attraverso una terapia farmacologica ottimizzata, viene sottoposto a un test da sforzo massimale in cui viene verificata la sua capacità funzionale prima di iniziare l’attività in palestra cardiologica, dove comincerà a eseguire esercizi fisici e ginnastica a corpo libero, attività su cyclette e tapis roulant. Il tutto finalizzato al raggiungimento del massimo miglioramento della capacità di esercizio nel più breve tempo possibile».

Tutti coloro che hanno avuto problemi di natura cardiovascolare hanno bisogno di seguire un percorso di riabilitazione?

«I pazienti che presentano problemi cardiovascolari, seppur di varia natura, hanno molto spesso esigenze comuni. Si tratta infatti di persone che hanno subito un trauma psico-fisico – infarto, scompenso cardiaco, intervento di chirurgia toracica – che quando giungono presso il nostro reparto riabilitativo in prima fase manifestano bisogni multipli rilevanti, di natura psicologica, clinica generale e specialistica cardiologica, pneumologica, infettivologica e fisiatrica. Tali condizioni necessitano di cure diversificate che devono essere somministrate in modi tempestivi, concomitanti e coerenti tra loro. Da qui nasce la necessità che la riabilitazione cardiologica sia organizzata e funzioni come gruppo affiatato di operatori competenti che lavorano sinergicamente per soddisfare i numerosi bisogni di cura presenti in ogni singolo individuo».   

Quanto influisce l’età del paziente sulle modalità della riabilitazione?

«Il trauma psicofisico legato alla patologia cardiologica agisce in verità in modo molto trasversale nella popolazione. Esiste il caso del soggetto giovane che, ad esempio, recupera rapidamente autosufficienza e capacità lavorativa dopo un intervento di cardiochirurgia valvolare ma che soffre molto dal punto di vista psicologico perché ha difficoltà a liberarsi dall’etichetta di “persona malata di cuore”. In questo caso l’intervento riabilitativo sarà molto dedicato all’educazione e consapevolezza della malattia e della sua guarigione attraverso colloqui specifici individuali e di gruppo effettuati da infermieri specializzati, medici e psicologo. All’altro estremo esiste il caso del paziente grande anziano, che giunge con una grave sindrome da allettamento, una lenta guarigione delle ferite chirurgiche, un’aritmia post-operatoria ma anche con una condizione psicologica ottimale per la consapevolezza di avere risolto una situazione di pericolo alla sua età. In questo caso l’attenzione si concentrerà quasi totalmente sulle attività cliniche – terapia medica, assistenza infermieristica e degli operatori sanitari –, sul garantire mobilizzazione precoce, evitare lesioni da pressione, su un precoce inizio degli esercizi fisici, con rapido guadagno dell’autosufficienza e miglioramento della qualità della vita».

Un percorso personalizzato

La riabilitazione cardiologica è un percorso dunque “individuale”, con approcci e applicazioni che differiscono largamente da paziente a paziente.

Che cosa si intende quando si dice che per ogni paziente c’è uno specifico percorso di riabilitazione?

«Quando la persona arriva nella nostra struttura ospedaliera, viene sottoposta a una visita medica e a un colloquio conoscitivo cui fa seguito l’impostazione del progetto riabilitativo individuale. In pratica, per ogni paziente viene stabilito che cosa dovrà fare durante il percorso di degenza e quali sono gli obiettivi specifici che si dovranno raggiungere in quel soggetto specifico. Come già detto esistono casi che richiedono un grande lavoro tecnico cardiologico preliminare perché presentano complicazioni come aritmie, infezioni, versamenti pericardici, infezioni, per i quali non è possibile prevedere un immediato lavoro riabilitativo fisico in palestra che sarà posticipato alla seconda settimana di degenza dopo la soluzione dei problemi clinici sopra elencati. Ci sono al contrario altri pazienti che arrivano presso la nostra struttura in condizioni cliniche già adeguate a poter sostenere un’attività in palestra che sarà ovviamente iniziata precocemente con un lavoro che in breve tempo potrà condurre al pieno recupero della capacità funzionale».

Un’altra branca della riabilitazione è quella neuromotoria. Ci sono contatti tra queste due realtà ospedaliere?

«Sì, in genere le strutture di riabilitazione cardiologica sono strettamente collegate ai reparti di riabilitazione neuromotoria, che si occupano di tutte le patologie acute e croniche che riguardano l’apparato neurologico e ortopedico. Nel nostro ospedale di Arco di Trento abbiamo a disposizione 83 posti letto divisi equamente tra riabilitazione cardiologia e riabilitazione neuromotoria, i cui responsabili sono, rispettivamente, un medico specializzato in cardiologia e uno in fisiatria. Spesso queste due realtà interagiscono tra loro: i pazienti cardiopatici cronici in molte situazioni soffrono di problemi fisiatrici, per cui il fisiatra può essere loro di grande aiuto. Così come può accadere il contrario: molti pazienti con patologia neuromotoria cronica denunciano concomitanti problemi cardiologici, per cui la presenza dello specialista cardiologo riabilitatore è utile al fisiatra per progettare un percorso riabilitativo che consideri entrambe le problematicità».

Il team multidisciplinare della riabilitazione cardiologica

Il cardiologo riabilitatore

Il cardiologo riabilitatore deve possedere approfondite conoscenze cardiologiche cliniche e capacità diagnostiche all’altezza della complessità dei pazienti che gestisce, ma anche esperienza nella gestione delle urgenze mediche internistiche e delle complicazioni cliniche post-operatorie che non sono rare nei pazienti che giungono nelle riabilitazioni cardiologiche.
Deve inoltre avere maturato nel tempo un’esperienza in ambito riabilitativo e quindi deve conoscere ed essere in grado di elaborare i diversi percorsi riabilitativi da assegnare ai singoli pazienti in base alle esigenze individuali.

Le altre figure mediche coinvolte

Nello svolgimento della sua attività, il cardiologo riabilitatore viene affiancato da altre figure tra cui lo pneumologo, il fisiatra, il neurologo e in particolare lo psicologo, con il quale i pazienti eseguono sedute di routine individuali e collettive.
Altra figura importante è quella del responsabile della fisioterapia, cui è affidata la valutazione iniziale del paziente, quella che permette di inquadrare il grado di autosufficienza e le capacità motorie del paziente nel momento in cui entra nella nostra struttura. È insieme a questo specialista, quindi, che il cardiologo decide il percorso riabilitativo.
Infine, un ruolo rilevante è quello del dietologo, che si occupa di stabilire la dieta dei pazienti anche sulla base di colloqui individuali, in particolare in situazioni specifiche come ad esempio in soggetti obesi o affetti da diabete».


2022-03-14