Invecchiamento della popolazione ed esigenze riabilitative
E’ noto che l’Italia è un paese che sta invecchiando, e anche rapidamente. Negli ultimi 20 anni, l’indice di vecchiaia, definito dal rapporto percentuale tra la popolazione di 65 anni o più e la popolazione di età 0-14 anni, è aumentato in modo pressoché lineare fino a raggiungere il 165% nel 2017. Per il 2018, l’ISTAT ha stimato una ulteriore crescita a 169%.
Questo trend demografico è da attribuire principalmente alla progressiva diminuzione delle nascite ed alla crescita dell’aspettativa di vita (che è originata tra i diversi fattori anche dalla efficacia del Sistema Ospedaliero e della Emergenza che riduce la mortalità). Abbiamo quindi superato la Germania, che ha un indice di vecchiaia di 161% e che con l’Italia è il paese più vecchio d’Europa, e la media Europea. Al contrario, in Francia, nel 2017, l’indice di vecchiaia era del 105%.
Se si manterrà il trend di crescita dell’aspettativa di vita e di denatalità, la proporzione di soggetti ultra settantaciquenni nella popolazione aumenterà dall’11.5% al 15% entro il 2030 ed al 22% entro il 2050. In termini assoluti, un incremento di circa 2 milioni di soggetti ultra settantaciquenni nel 2030 e di quasi 6 milioni nel 2050. L'aspettativa di vita all’età di 65 anni è di 21.6 anni per le donne e 18.1 anni per gli uomini. Ma quanti sono degli anni di vita attesi a 65 anni per esser vissuti con disabilità (limitazioni delle attività della vita quotidiana) moderata o severa, nelle donne e negli uomini? In una recente survey europea la limitazione nelle attività della vita quotidiana è stata valutata utilizzando il Global Activity Limitation Indicator (GALI) che è uno strumento sviluppato per misurare la compromissione dello stato funzionale dovuto a cause di salute in indagini epidemiologiche di popolazione. Il GALI ha corrispondenza con lo stato funzionale ICF che peraltro è applicato sempre più in sanità ed in riabilitazione per rappresentare performance e coinvolgimento sociale nelle attività della vita e della comunità.
In Italia non solo la maggior parte degli anni di vita attesa vengono vissuti con disabilità, ma anche con un elevato carico di cronicità e di multimorbilità. Infatti anche le persone con gravi o gravissime disabilità sopravvivono sempre più a lungo.
Nelle donne dei quasi 23 anni di vita attesa 6.2 ,vale a dire il 27%, sono vissuti con disabilità severa ed altri 8,4 con disabilità media. Dati sostanzialmente analoghi si osservano per altri Paesi come Spagna, Germania e Francia. In alcuni tuttavia, pur a fronte di una aspettativa di vita simile rispetto all’Italia, la percentuale di anni di vita attesa vissuti con severa disabilità è solo del 19%. o 20%. In Danimarca, poi, l’aspettativa di vita a 65 anni è di circa 21 anni; ma, solo il 7% di questi anni sono vissuti con disabilità severa.
La percentuale di anni vissuti senza limitazioni è proporzionalmente inversa. Negli uomini la situazione è simile con una alta aspettativa di vita caratterizzata da disabilità media o severa, più alta rispetto agli altri Paesi. Questi dati richiamano l'attenzione verso servizi di riabilitazione che non si limitino ad un (fondamentale) intervento nelle fasi acute delle patologie per prevenire e limitare i danni e per preservare l'autonomia, ma si estendano alle fasi successive per consolidare il recupero raggiunto correlandolo nel modo migliore alle esigenze e potenzialità di vita autonoma della persona, avendo appunto presente quanti anni questa vita autonoma possa comprendere.
Le patologie neuromotorie acute e degenerative sono senza dubbio l'esempio più evidente di come, dopo la necessaria tempestività della presa in cura riabilitativa ospedaliera, una sinergica attività riabilitativa ambulatoriale (periodica e modulata sulle esigenze e potenzialità della persona nella vita ) sia la condizione determinante per avere l’efficacia di tutto il percorso. Questa impostazione, che richiede un forte sviluppo delle attività ambulatoriali per contenere le disabilità anche più rilevanti e consentire condizioni di autonomia se pur parziale per molti anni di vita ad un numero sempre più vasto di persone, è oramai condivisa a livello internazionale. Peraltro, ritornando ai dati precedenti, si può ipotizzare anche che la diversità delle condizioni tra il nostro Paese ed altri in Europa (come Danimarca e Germania) rispetto alla percentuale di anni vissuti con disabilità in una aspettativa di vita analoga possa derivare dalla esistenza o meno fino ad oggi di efficaci servizi riabilitativi di sostegno territoriale a queste persone, capaci appunto di ridurne la disabilità.
La Provincia di Trento ha recentemente ampliato le attività ambulatoriali in questa direzione. Da questo nasce l’idea di organizzare un convegno scientifico per sottolineare l’importanza della riabilitazione. Vogliamo sottolinearlo con la partecipazione di tutti gli attori trentini della rete neuro-riabilitativa, a cominciare dall'Ospedale di Trento per una tempestività, continuità e globalità della cura, e con il contributo delle molte esperienze in questo ambito che in tutto il territorio nazionale il Gruppo Santo Stefano Riabilitazione ha sviluppato da anni e che al San Pancrazio troveranno una ottimale applicazione proprio nel quadro della positiva normativa della Provincia Autonoma. Sabato 2 marzo andrà così in scena al Casinò Municipale di Arco (TN) il convengo dal titolo: “RIABILITAZIONE NEUROLOGICA. Innovazione nella Presa in Cura della Persona” organizzato dal Comitato Scientifico dell’Opsedale San Pancrazio di Arco.
A cura di Nico Coppari, Redazione SantoStefanoNewsedEventi
2019-03-01