La cura e l’assistenza di una persona disabile non è un percorso predefinito. Ogni individuo è diverso, come lo sono le storie personali e le famiglie che affiancano queste persone fragili. In particolare è ormai evidente che il caregiver, cioè il familiare di riferimento che più si prende cura del malato, è in grado di influenzare anche la fase di riabilitazione.

 Il ruolo di questi adulti con responsabilità di assistenza verso il proprio familiare è stato discusso nel corso del convegno “Il caregiver nel percorso riabilitativo di una grave cerebrolesione”, promosso dal Centro Cardinal Ferrari di Fontanellato, la struttura specializzata nella riabilitazione di persone con cerebrolesione congenita o acquisita, del gruppo Santo Stefano Riabilitazione.

“Il caregiver ha un ruolo fondamentale nell’evoluzione del percorso riabilitativo – ha detto il direttore del Centro Simona Lombardi – Il suo equilibrio psicofisico influenza la prognosi che, in generale, migliora in funzione dello “stato di salute” della famiglia”. Questo è vero quanto più il caregiver è informato, motivato, coinvolto e adeguatamente formato. “Solo così si ottiene quell’alleanza terapeutica con gli operatori sanitari e il familiare di riferimento può diventare un vero un “rinforzo” al team riabilitativo multidisciplinare” ha aggiunto il direttore clinico del Centro Antonio De Tanti.

 Ma il rapporto tra operatori e parenti del paziente non è sempre rose e fiori, soprattutto all’inizio, quando ancora non si è instaurato un rapporto di fiducia. Sui tempi e modi della relazione, strettamente connessa all’apertura ai familiari dei reparti (anche quelli per acuti), si è parlato nella seconda parte del convegno, individuando come possibile soluzione la definizione di momenti di colloquio e scambio tra operatori e familiari, che disciplinino la compresenza lasciando agli operatori gli spazi di concentrazione necessari per svolgere al meglio il proprio lavoro.

 Per il caregiver, nelle strutture più evolute come il Cardinal Ferrari, è inoltre a disposizione un servizio di supporto psicologico, assistenziale sociale e anche un aiuto strutturato per le prime incombenze legali e burocratiche. Quest’attenzione va di pari passo con la nuova sensibilità legislativa che si è sviluppata da alcuni anni, volta a riconoscere l’assistenza a un familiare malato alla stregua di un “lavoro” e non più come un dovere, in particolare per le donne di famiglia (che ancora rappresentano l’80% dei caregiver). E non dimentichiamo che l’Emilia Romagna è l’unica regione in Italia ad aver emanato un’apposita legge, la nr. 2 del 28 marzo 2014 “Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare”. Non ci sono ancora i decreti attuativi e neppure una legge nazionale di riferimento, ma la strada per un riconoscimento di alcune agevolazioni sembra essere aperta.


2016-06-08